martedì, Marzo 19, 2024

Spettacoli e Cultura

Rosario Terranova: “Per me il Teatro è la vita”

L'attore palermitano quest'autunno torna al suo pubblico con una ricca rosa di spettacoli

La pandemia ha testato la resilienza di tutti noi e a soffrirne molto è stato anche il settore teatrale. Ma il biennio oscuro degli spettacoli annullati, rinviati o a platea mezza vuota è alle spalle. A spalancare le porte verso un nuovo inizio è il ripristino della capienza  al 100% per  teatri, cinema e luoghi di cultura. Si riparte dunque, ancora con prudenza (con mascherina e green pass) e senza progettare troppo a lungo termine. La passione e l’amore per il teatro però sono quelli sempre.

Ne abbiamo parlato con l’attore Rosario Terranova, raggiunto nella sua Palermo durante le prove dello spettacolo “Figli degli anni 80” (scritto e diretto da Giulia Galati) che è in programma venerdì 22 ottobre al teatro Sant’Eugenio (ore 21.30).

Rosario, quali emozioni ti dà questo inizio di ritrovata normalità lavorativa?

L’emozione che provo è tanta e racchiude molte cose: dal sollievo di poter parlare finalmente di una vera ripartenza per il settore teatrale, alla felicità del mio tornare a vivere facendo ciò che più amo, alla rinnovata consapevolezza che questo è tutto ciò che amo.

Edoardo De Filippo diceva: “Il teatro porta alla vita e la vita porta al teatro. Non si possono scindere le due cose”…

Per me il Teatro è la vita. Non potrei immaginare la mia vita lontano dalle tavole di un palcoscenico, lo considero un connubio inscindibile. Posso stare lontano da una macchina da presa, e continuare a vivere. Ma lontano dal Teatro non riuscirei a sopravvivere. Il pubblico che puoi guardare negli occhi, che puoi tornare a toccare a sentire, è altra storia. E se non l’hai mai provato non potrai mai capirlo.

Durante il lockdown ci hai tenuto compagnia vestendo i panni di quel simpatico imbranato del Prof. Mezzatesta. Da un po’ non abbiamo più sue notizie, che fine ha fatto? Non si sarà esaurito per colpa della Dad?

Ma che devo dirti, aspettavo la chiamata da parte del Ministero della pubblica istruzione ma…Sto ancora aspettando. Scherzi a parte, quel simpatico ed imbranato del Professor Mezzatesta mi ha aiutato a sopravvivere. E pensare che è stato …ato. Chissà se tornerà.

Con “Figli degli anni 80” usi il teatro come macchina del tempo.  C’è qualcosa che ti piacerebbe poter “rapire” da quel momento della tua vita e portare nel presente? 

Mi si accusa di essere vecchio dentro, antico. Ma non me ne dispiaccio.  Di quel decennio mi manca veramente tutto. Mi mancano i cartoni animati e i telefilm che guardavo prima di andare a scuola. Mi manca quella TV che ho amato, sognato e che mi ha fatto innamorare sempre di più di questo mondo fatto di luci e di paillettes. Ma se solo potessi davvero teletrasportarmi negli anni Ottanta, allora porterei indietro il mio papà per tornare a ridere insieme a lui e mamma.

Sarai in scena anche il 5, 6 e 7 novembre con “Piccolo Fiore”, regia di Elisa Parrinello, al teatro Monsù…

Ci sono spettacoli che involontariamente ti segnano e si scolpiscono nella tua vita, per situazioni, momenti e significati. Così è stato per “Piccolo Fiore” che Salvo Rinaudo ed Elisa Parrinello mi hanno cucito addosso.  Dopo due anni, Fiorenzo Lo Piccolo, così si chiama nella realtà Piccolo Fiore, tornerà a raccontare di Rosario, perché Fiorenzo è Rosario e Rosario è Fiorenzo, ed entrambi vivono una storia che, forse, è anche la storia di ogni artista.

Vent’anni fa eri al teatro Agricantus con Il Gruppetto e lo spettacolo “La Strana Banda”. Quest’anno, dal 18 al 21 novembre, tornerai sullo stesso palco ma con un nuovo progetto. Di cosa si tratta?

Tornare in cartellone all’Agricantus, tempio della comicità, mi lusinga. E sì, di anni ne sono passati venti. Ma veramente? Allora è proprio vero che sono vecchio. “Benedetta innocenza” che ha scritto e diretto per me Giulia Galati, è uno spettacolo che per certi versi mi mette a nudo, svelando ogni mio segreto su questo mio cercare di stare al passo della donna social. Ma te l’ho detto: sono vecchio.

C’è una amorosa corrispondenza fra Palermo, città dove sei tornato a vivere, e i tuoi progetti artistici che da questa città spiccano il volo. Come di recente è avvenuto anche per il cortometraggio “Paolo e i suoi Angeli”.  

Ho sempre vissuto male la mia lontananza da Palermo. Mi è sempre mancata. L’ho sempre amata. Ogni mia gioia artistica è sempre stata legata a ciò che la mia città, Palermo, rappresenta per me.  Quando mi è stato proposto da Giulia Galati di interpretare il giudice Paolo Borsellino, nel cortometraggio “Paolo e i suoi Angeli”, inizialmente ho detto di no. Sentivo troppo il peso e la responsabilità di interpretare Borsellino: una figura che ha segnato la mia generazione, che è diventata punto di riferimento. Ma si sa, chi ti sceglie per un ruolo ha quella particolarità di riuscire a leggere ed immaginare qualcosa che ancora non è stato realizzato. Per me è stata pura magia, un tripudio di emozioni nel ricordo di uomini straordinari.

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